Il lavoro.

Ormai sta condizionando la nostra esistenza. Da una parte, una società che vuole ‘liquidi’ sia l’universo operaio sia quello impiegatizio; dall’altra, il sopravvivere di una mentalità che crede nel #posto_fisso perché permette al singolo una certa progettualità nel proprio privato.

Non solo, dopo la fatica profusa per ottenere un contratto di qualsiasi natura non arrivano di sicuro rose e fiori. L’ambiente lavorativo, soprattutto quello degli uffici, spesso è soggetto a leggi non scritte e a dinamiche assai avvelenate che non rendono piacevole la giornata. Tutto questo non fa altro che creare negative conseguenze anche nella sfera personale di chi lavora.

Non dico di avere riassunto nelle righe precedenti le vicende di “Punto zero”, ma quanto detto sopra rappresenta uno dei nuclei che costituisce il romanzo di Contarino.

Solitamente, storie come queste hanno lo sfondo di grandi città, di metropoli. Invece, Contarino decide di dare dignità alla ‘provincia’ ambientando in quel di Catania tutto il suo plot. Come a dire che tutto il mondo è Paese e che certe dinamiche da ufficio non sono un’esclusiva dei grandi centri urbani.

A una prima occhiata, la realtà della Sivutech (l’impresa in cui si svolge grossa parte della trama) potrebbe parere stereotipata, ma chiunque abbia un minimo di esperienza nel mondo aziendale si potrà immedesimare molto bene in quanto rappresentato, perché lo spaccato offerto dal libro presenta precisamente come all’interno della stessa Sivutech coesistano un gruppo di più forti, che fanno il bello e il cattivo tempo, e un gruppo di deboli che deve subire in silenzio perché altrimenti rischia di perdere il posto e la relativa (e poco soddisfacente) retribuzione.

Contarino non vuole dare risposte a specifiche problematiche. Vuole offrire semmai importanti spunti di riflessione. Anche se il protagonista è Emilio, ecco che le vicissitudini di “Punto zero” si preoccupano di mettere in luce aspetti relativi alla condizione della donna impiegata.

A livello lavorativo, costei subisce vessazioni di vario genere, dal punto di vista professionale ma anche da quello umano. A livello familiare (ma nel libro la questione appare in modo meno lampante) è colei che deve abbandonare qualsiasi velleità di crescita interiore per una sorta di ragion di stato (appunto, la famiglia e tutto quello che ne consegue).

Queste sono solo alcune delle immagini che affiorano da “Punto zero”. Il mondo del lavoro ha una parte importante nell’economia del volume, ma esiste anche un contorno scenografico di rilievo che, in qualche maniera, influenza gli eventi e che invito a scoprire.

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS