Di guerra si parla sempre, a volte troppo. E se i notiziari si preoccupano di conflitti a livello politico, ecco che la letteratura, già da tempo, si è occupata e si occupa dell’essere umano mentre viene travolto da un fatto così sconvolgente. Nel caso di “Le parole del mio nemico” si coglie un aspetto particolare che nel passato ha sicuramente avuto rilievo ma fino a un certo punto…

In trincea la sofferenza è una somma di diverse #variabili. Tra queste c’è sicuramente la distanza da casa, la distanza dagli affetti. Ecco però che subentra il dettaglio che, a mio parere, distingue questo libro da altri che trattano lo stesso tipo di argomenti, e cioè soffermarsi sul discorso relativo al colmare le lontananze accompagnato dall’intento non sempre realizzabile di mandare ai famigliari proprie notizie nella speranza di riceverne altrettante.

Nel libro di Riato e Delia, siamo nella Prima Guerra Mondiale e con il disagio dello scontro bellico il servizio postale non è di certo celere, per ovvi motivi. Qui si assiste ad un ulteriore #upgrade in quanto si nota come il dolore legato alla guerra, alla separazione dai propri cari, metta sullo stesso piano persone che la guerra ha dichiarato nemiche, anche se all’interno della storia è possibile osservare come non tutti gli ‘attori’ siano accomunati da questo stesso anelito. Alcuni di loro sono presi dal meccanismo distruttore della guerra; altri invece sono quelli che, pur erigendo una facciata che si allinea con la mentalità aggressiva e battagliera pretesa dal contesto, mantengono ancora quel briciolo di umanità che non li trasforma in bestie o in esseri senza cuore.

A questa stregua, non è solo il cibo ad essere considerato un bene prezioso, ma anche la carta, su cui è possibile scrivere anche sinteticamente qualcosa di proprio pugno che si spera possa arrivare al più presto nelle mani dei parenti più stretti.

Non solo cibo e carta, quindi. “Le parole del mio nemico” mette in luce come anche la fratellanza può affiorare timidamente in una situazione estrema come quella qui raccontata. E, se opportunamente ‘coltivata’, questa può essere un opportuno rimedio per venire fuori da drammi estremi.

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS