Finalmente il Fantasma dell’Opera è arrivato in Italia! Ci sono voluti 37 anni dalla prima messa in scena a Londra, ma ce l’abbiamo fatta, per la gioia immensa di noi tutti fan sfegatati di Erik. Cercherò comunque di scrivere questa recensione in modo oggettivo e non di parte, promesso.

Partiamo dal cast. Ramin Karimloo e Amelia Milo sono artisti eccezionali, lui con una capacità di modulazione vocale incredibile, lei con una potenza ed una passione che si percepiscono ad ogni nota emessa. Grandissima anche Anna Corvino nei panni di Carlotta Giudicelli, divertente e complessa prima donna di un teatro alle prese con fenomeni paranormali; mi ha fatto riflettere su come talvolta i ruoli secondari siano tecnicamente più complicati di quelli principali e su come sia fondamentale la padronanza della propria arte per poterli interpretare. Tutte le voci che compongono questa edizione sono di livello massimo e meriterebbero qualcosa in più dal pubblico milanese che ho trovato indisciplinato e a tratti irrispettoso davanti ad uno spettacolo di pari portata. È vero che ormai posso essere considerata una “diversamente giovane donna”, ma penso che non sia un discorso “da vecchi” ricordare che a teatro in tuta non ci si va, e per due ragioni in realtà molto belle. Innanzitutto gli artisti sul palco e non (cantanti, attori, orchestra, tecnici delle luci, del suono, truccatori ecc..) hanno studiato anni per farvi sognare con il loro spettacolo, si sono appassionati, hanno passato giorni e notti a cercare il meglio e l’irraggiungibile perfezione; trovo che riconoscere tutto questo anche attraverso un abbigliamento adeguato e una giusta compostezza, sia un riguardo doveroso. Si tratta della sensibilità di riconoscere l’arte quando la si ha davanti. Se preferite la tuta, potete anche guardare lo spettacolo sul divano di casa, è sicuramente più comodo delle poltrone scomodissime e risicate del Teatro degli Arcimboldi. La seconda ragione, è l’amore per sé stessi, perché in tuta a teatro ci state male pure voi. Parliamo tanto di accettazione serena e di cura del proprio corpo… secondo voi una tuta sgualcita è un modo di dire “ti voglio bene” al proprio corpo, alla propria immagine? Per giunta viviamo in un’epoca in cui l’eleganza è anche comoda, abbiamo abbandonato stecche di balena (fortunatamente) e panciotti, senza togliere nulla alla bellezza. Quindi, e con questo concludo questa “ramanzina” di stile, cercate di eguagliare gli sforzi che fanno gli artisti per portare in scena uno spettacolo la prossima volta che vi vestite per andare a teatro, e siate più gentili verso voi stessi. Se poi riusciste anche a non applaudire a casaccio disturbando la performance (cantare necessita concentrazione tanto quanto il lavoro che fate voi e i cantanti, in particolare quelli operistici, non sono calciatori che si esaltano sentendo il tifo dalle tribune dello stadio, hanno bisogno delle loro orecchie per capire quello che stanno facendo), saremmo proprio sulla buona strada; ma una cosa per volta, senza fretta…

Tornando allo spettacolo, ho amato particolarmente la scenografia rotante che ha permesso cambi di angolature e visioni diverse durante una stessa scena, rendendo dinamiche anche le scene più statiche. Unica cosa che mi è mancata un po’ rispetto alla messa in scena londinese, è il lampadario che sfreccia sopra le teste del pubblico, ma capisco che tecnicamente era impossibile da realizzare. Gli Arcimboldi è un grande teatro, ma con pecche tecniche e strutturali che gli rendono impossibile la competizione con i grandi teatri europei, figuriamoci quelli mondiali. Acustica eccellente, spazi insufficienti. Peccato perché sono gli spettacoli a risentirne. È sbalorditivo come nel paese di nascita dell’opera lirica non esistano teatri alla portata della sua degna evoluzione: il musical. Italia, quando tornerai sulla cresta dell’onda dell’arte? 

Come potete capire, i “difetti” della rappresentazione che ho visto non sono legati alla produzione ma ad agenti terzi: strutture e pubblico. Le musiche di Andrew Lloyd Weber sono coinvolgenti, drammatiche e passionali; la trama è quanto c’è di meglio per un’opera dal sapore gotico romantico tendente al dark, anche se di fatto è una variazione dal romanzo originale: in esso scordatevi la bellezza affascinante e conturbante di Erik, il Fantasma ha tutto il volto sfigurato, sia chiaro, ed è vagamente più crudele ed inquietante di quello interpretato da Ramin Karimloo. Di questo però non facciamo al compositore una colpa, quel pizzico di erotismo che è riuscito ad attribuirgli è più che gradevole e aggiunge spessore e umanità ad un personaggio travagliato e lacerato dalle sue condizioni di vita. 

Durante lo spettacolo riflettevo sul perché Erik riesca ad affascinare così tanto il pubblico. È un antieroe, una persona che si presenta malvagia, avvolta nell’ombra, a tratti strafottente ed esigente nel richiedere uno stipendio non ben giustificato. Semina terrore, ama spaventare attraverso la sua industriosa e sottile intelligenza… eppure… eppure alla fine cede alla bontà. Comprende la differenza tra possesso e amore e sceglie il giusto: l’amore, non la morte. Chissà se sarebbe in grado di cambiare le menti disturbate di coloro che pensano sia meglio uccidere il partner che se ne va piuttosto che sentirsi “non scelti”. Erik passa la sua vita da “scartato”, negletto dalla società, in uno scantinato buio e umido, in cui riesce a costruirsi un mondo tutto suo in cui però manca l’amore. È meglio un non-amore costretto alla presenza fisica dal ricatto e dalla morte, o un vero-amore ma assente fisicamente? Erik sceglie ed è questo che commuove. Preferisce vivere in un mondo sospeso sulle tenebre dell’abisso della propria anima, solo e dimenticato, piuttosto che costringere chi ama a seguirlo controvoglia uccidendone i sogni. Come fa a scegliere? Saremmo noi tutti così “bravi” come lui? Nelle stesse condizioni, sceglieremo anche noi la libertà dell’altro a scapito della nostra gioia? Ci piace pensare di sì, ma i femminicidi perpetuati in questi ultimi anni dicono il contrario.

Oltre a questo aspetto, credo che il personaggio di Lloyd Weber sia capace di parlarci perché tutti noi ci siamo sentiti o ci sentiremo prima o poi messi da parte per una qualche ragione, che sia fisica o intellettuale. Chi di noi non ha mai tremato di paura interiormente alla prospettiva di non essere amato e di essere solo per tutta la vita? Non è forse anche questa paura che ci fa cercare l’altro, un altro che sia testimone del trascorrere dei nostri giorni, per essere noi stessi sicuri di vivere? Il Fantasma dell’Opera di Andrew Lloyd Weber racchiude tutto questo. 

Profondissima opera, bravo, bravo, bravissimo (va letto con la voce cantata dell’Angelo della Musica), Sir!

Giulia Calvanese per Radio Bla Bla Network News