Il ricordo…
Perché la gente comune lo tratta come un documento fiscale che, dopo un determinato periodo, si può distruggere, eliminare, metterne in discussione l’esistenza?
E’ la testimonianza che nella nostra sfera personale tiene a galla il #come_eravamo. A qualcuno questo crea disagio e non vede l’ora che questo aneddoto che lo riguarda si tuffi con rapidità nel dimenticatoio, possibilmente con pochi spruzzi
Magari la prospettiva con cui ho letto “Piatti rotti” non è quella corretta, però la struttura del romanzo sembra quella di voler raccontare una vicenda, in un tempo non definito ma probabilmente remoto, servendosi del #ricordo.
I capitoli sono brevi perché il richiamare alla memoria è qualcosa di #lontano e forse per questo i dettagli presenti nelle pagine sono pochi, tuttavia essenziali. Sarà banale dirlo, ma per me è stato come vedere una parata di bozzetti realizzati con colori sfumati di acquerello. La narrazione avviene quindi per sottrazione. Probabilmente l’azione del ricordo lavora sulla sintassi, lavora sulla costruzione di una semplice frase. Sembra quasi una grammatica futurista, ma se la scrittura di quel movimento aveva intenti iconoclasti e desiderosi di andare contro la tradizione precedente, qui Bondì sembra creare un suo mondo con queste strutture linguistiche. Non è una ricerca di suoni fine a se stessa bensì la ricerca di un percorso fuori dal comune.
E colpisce il contrasto quando si mette a confronto questa delicatezza di parole con i toni drammatici che affiorano dalla storia. Una famiglia si strappa, si ricuce, si sfilaccia, si rammenda alla meglio fino al prossimo #accidente. E in questo guazzabuglio è possibile ravvisare i sentori, le orme, le vestigia del romanzo di formazione. Una formazione che riguarda soprattutto Anna anche se in minor misura riguarda un po’ tutti i componenti delle sua famiglia.
In questa ridda di souvenir della mente, talvolta il linguaggio prende a prestito qualche ritmo. Se non ci si imbatte in qualche rima o, forse, in qualche assonanza, si incrociano qua e là settenari ed endecasillabi in piccole quantità che ti salutano con quel pizzico di riverenza di una volta…
Cara autrice, non so se ho colto tutte le sfumature che avevi in mente; non so se non mi sono accorto che di qualche dettaglio macroscopico. So solo che ho fatto un viaggio accanto ad Anna.
E sono stato bene.
Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS