«Mentre guardavo Caprice che ti tagliava, avrei voluto che tu tagliassi me. È stato lì che ho capito»

(Timlin nel film Crimes of the Future)

Può la chirurgia del nuovo secolo asportare organi di natura tumorale e allo stesso tempo risultare una performing art sul corpo tanto da provocare piacere sessuale?

David Cronenberg ha la risposta in tasca: Crimes of the Future.

Saul Tenser (Viggo Mortensen) e Caprice (Léa Seydoux) sono due artisti della body art che intrattengono il pubblico con performance artistiche su asportazioni di nuovi organi di origine tumorale che Caprice preleva dallo stesso Tenser durante i loro happening. Ma c’è qualcosa di più oscuro nell’ultimo film controverso del regista canadese che ritorna dopo otto annisul grande schermo ‒ Maps to the Starsdel 2014 era stato il suo last movie ‒. Tornare indietro, alla (ri)scoperta della body horror attraverso la fantascienza intrisa di elementi noir. Come fosse un ricordo malinconico e un bisogno intellettivo, non solo corporale.

Ombre, tagli profondi, tumori maligni tatuati sugli organi, sangue, morte e sensualità carnale. Crimes of the Future analizza gli effetti benigni della chirurgia ‒ che adorna l’apparenza fisica e anche la Bellezza interiore ‒ sul corpus esibendoli in uno spettacolo impressionante perché Body is Reality. E filmare e fotografare una performance del genere non fa altro che accrescere la loro creazione artistica con un successo clamoroso, per confermare che l’arte trionfa ancora una volta.

Crimes of the Future (ri)scrive e proietta l’evoluzione dell’uomo attraverso i mutamenti del corpo. Come se in un futuro non troppo lontano la chirurgia possa trasformarsi in arte allo stato puro, con i doppiogiochisti falsi innocenti che commettono crimini pur di scandalizzare con i loro orrori. Tanto più se si parla di metamorfosi degli organi interni del corpo, in cui l’uomo si è abituato a mangiare barrette di plastica di colore viola autoprodotte per sopravvivere in un ecosistema che mette alla prova i devastanti cambiamenti biologici. E Cronenberg ‒ che nostalgico riprende in mano le “game pod” e le “bioporte” del suo eXistenZ del 1999 qui convertite sotto una forma diversa per esigenza biofisica ‒ scrive una sceneggiatura quasi criptica. In un modo in cui non è solo il corpo a comunicare, ma è anche la parola razionale che costruisce una sorta di porta filosofica difficile da aprire. Soprattutto se la tematica di cui si ragiona diventa il cibo del futuro. Uno spunto riflessivo che richiama alla mente il sunto molto attuale del noi siamo quello che mangiamo citato dal filosofo tedesco Ludwig Feuerbach intorno alla metà del 1800.

E tra magnifiche interpretazioni di un bellissimo trio ben assortito, il triangolo Mortensen-Seydoux-Stewart che stupisce per la loro performing art sul set con la rinomata cinepresa cronenberghiana che riappare sulla scena, Crimes of the Future getta le basi per comprendere le biological transformations dell’uomo in un futuro ahimè molto vicino. In una visione a tratti troppo disturbante e con uno script talvolta dispersivo in cui è faticoso rimanere concentrati. E se il futuro suscita così tanto terrore da non coinvolgere appieno lo spettatore, su un’osservazione saremo tutti d’accordo: si parla di David Cronenberg, e il suo philosophical return fa già parecchio discutere.

VOTO: 6.5

Martina Corvaia – RADIO BLABLANETWORK NEWS – 28/07/2022