E’ proprio la parola #tempo a costituire la chiave di lettura del romanzo.

#Tempo visto principalmente come epoca in cui sono narrati i fatti; #tempo visto come ritmo di narrazione.

La trama contiene pochissimi riferimenti cronologici, ma al di là di quelli si capisce che l’ambientazione è molto lontana per la presenza di dettagli di contorno che caratterizzano tutta la storia (chi si ricorda le caramelle ginevrine?). In pochi passaggi, a conferma di questo, vengono citati esplicitamente gli anni in cui avvengono determinate situazioni (tra fine anni cinquanta e inizio sessanta), come se la determinazione temporale avesse poca importanza rispetto allo sviluppo della trama.

Per quanto concerne il ritmo, esso è caratterizzato da una particolare lentezza. Erano altri tempi, non come adesso che tutto è frenetico e scivola via. E’ un periodo storico, quello, per nulla contraddistinto dalla #fretta, dalla #velocità. Per questo, ad un occhio superficiale, il plot può apparire poco scorrevole. Sempre a proposito del #tempo (ancora lui!), il protagonista Nonò sembra raccontare tutto in un presente continuo. Questo presente, però, mostra alcune falle perché chi racconta, ogni tanto sembra già conoscere qualcosa di quello che avverrà nell’immediato futuro con la conseguenza di scompaginare l’andamento logico degli eventi. Nell’insieme sembra di comprendere che Nonò esponga i suoi ricordi a molta distanza da quando sono effettivamente avvenuti. La sua memoria può quindi presentare qualche impaccio, dettaglio che invece di tradursi in #difetto rende rarefatte alcune parti della vicenda infondendo ad esse un alone di mistero. Mistero che acquisisce maggiori dimensioni nel momento in cui la routine di quest’isola viene sconvolta da un particolare accidente…

Questo senso di rarefazione e atemporalità è accentuato anche dal fatto che non si accenni direttamente al nome dell’isola che si trova al centro della trama. Il grosso degli indizi porta a capire che i personaggi si muovano a Linosa (ma, come detto, non viene mai detto espressamente), vicino “alla ‘Mpidusa” (cit.) e quindi alla Sicilia.

Se c’è questa particolare attenzione su aspetti strutturali, anche la definizione dei personaggi presenta diversi ed interessanti #perché. Sussiste una discreta coralità di fondo nella quale è possibile riscontrare come interagiscano in maniera verosimile le figure che animano i borghi di quest’isola. I dettagli non vengono risparmiati nemmeno nel momento in cui si parla delle attività a cui erano dediti questi isolani.

Insomma, se volete un romanzo #fuori_dal_coro, che non segua gli stereotipi di questo periodo, “L’isola e il tempo” è ciò che fa per voi.

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS