Iniziamo subito con i veri “VIP” (che in questo caso è per me l’acronimo di Very Important Palace): i nuraghi, monumenti simbolo di questa terra. 

Per fortuna abbiamo superato le teorie fantasiose che li vedevano realizzati per scopi discutibili: costruzioni simili a castelli medioevali difficilmente potevano essere semplici ovili o tombe a cielo aperto e tantomeno gli alieni sembrano averci messo lo zampino. Anche se il loro utilizzo è ancora avvolto dal mistero, gli archeologi sembrano optare per altre ipotesi, per fortuna. Si può immaginare che fossero centri di raduni politico-religiosi, in un tempo in cui le decisioni pubbliche, le regole di vita e in generale l’intera esistenza umana erano saldamente ancorate alla spiritualità e al culto. Forse per avvicinarci a capire qualcosa sui nuraghi, possiamo tentare di immaginarci una civiltà totalmente diversa dalla nostra, non tanto per “evoluzione” ma per quanto riguarda la sensibilità. Dovremmo fantasticare di un’epoca in cui sapere e manualità non erano separati da quello in cui si credeva; la realtà in cui erano immersi gli uomini e le donne di quei, non si fermava al mondo materiale e sensibile, ma ogni aspetto della quotidianità doveva avere un suo risvolto trascendentale. Solo così potremmo afferrare il perché della realizzazione di monumenti che sembrano avere più scopi strettamente intrecciati tra loro: da quello religioso e cultuale, al politico e assembleare, passando (forse) dall’abitativo.

Nel mio vagabondare in terra sarda, ho incontrato parecchi nuraghi, più o meno visibili dalle strade, più o meno visitabili, più o meno conservati. Tenete conto che attualmente, tra ricerche sul territorio e scansioni con georadar e apparecchi simili, se ne contano circa diecimila, ma è lecito chiedersi quanti ne siano “scappati” al conteggio; soprattutto dopo che si ha avuto esperienza diretta della macchia mediterranea presente su tutto il territorio che nasconde e ricopre ogni cosa. Sono così tanti, che qualcuno ha ipotizzato che la mitica Atlantide, isola delle torri, sia proprio la Sardegna, previo spostamento delle Colonne d’Ercole, un po’ più in qua o un po’ più in là… nulla di provato scientificamente da archeologi accademici, ma di certo una bella storia, che può far sognare ad occhi aperti quando si visitano questi luoghi. Del resto la Sardegna è così, la sua salda identità fatta di pietre e rocce, è sospesa sui venti delle epoche storiche, che cancellano alcune tracce e ne modificano altre. Mito, leggenda e fatti storici si intersecano e si fondono in un tutt’uno che diventa difficile da districare. 

Tornando ai nostri nuraghi, ne ho scelti tre di cui parlarvi, e non è assolutamente vero che “visto uno, visti tutti”, i nuraghi sono tutti diversi. Barumini, Santu Antine, Arrubbiu sono i tre che parlano al mio cuore. 

Se volete Il Nuraghe “per eccellenza”, il VVVIP (il Very Very Very Important Palace), Su Nuraxi di Barumini è sicuramente il modello più esaustivo. Situato nella provincia del Medio Campidano, è tra i più grandi riportati alla luce. Emozionante ogni volta che lo si visita, imponente, è anche corredato dal bellissimo museo di “Casa Zapata” che a sua volta sorge sui resti di un altro nuraghe. Inoltre il piccolo borgo di Barumini è molto gradevole, con le sue chiese di stampo romanico e posticini dove assaporare i prodotti della terra (non si mangia solo pesce in Sardegna!). 

Santu Antine è il nuraghe del mio cuore, tra i primi che ho scoperto e visitato, vicino a Torralba. La particolarità di Santu Antine è il suo buono stato di conservazione, che permette di salire di vari piani e avere una vista a 360° sul territorio circostante. Visitandolo, ci si ritrova in corridoi tra mura megalitiche, tutte costruite a secco, quindi senza un legante tra le pietre; si salgono scalini inponenti e si scoprono ambienti con volte altissime. Personalmente resto sempre meravigliata dall’ingegno di questo popolo che millenni or sono riusciva a tagliare la roccia in modo così perfetto da non aver bisogno d’altro per fa sì che le loro costruzioni riuscissero a sfidare epoche e agenti esterni. 

Di recente ho potuto anche ammirare il nuraghe Arrubiu a Orroli, di cui vedete le foto da me scattate per questo articolo, sperduto tra laghi e monti del cuore della Sardegna. Deve il suo nome, che significa “rosso”, ai licheni che lo ricoprono, di un colore arancione intenso. Anche qui, come nei due precedenti casi, ho trovato una biglietteria molto ben realizzata con guide disponibili sia per informazioni sia per tour guidati. La ricostruzione 3D del tutto attendibile, fa capire quanto i nuraghi fossero costruzioni grandiose e somiglianti a strutture più vicine a noi nel tempo: i castelli medioevali. La peculiarità di questo nuraghe sono le pietre alla base delle torri, alte e verticali, che formano lunghe feritoie. Un aspetto interessante è la scoperta da parte degli archeologi di alcuni manufatti contenenti residui di pece di pino, sughero e vino bianco, composto che verosimilmente serviva ad impermeabilizzare le pareti del nuraghe. Questo attesta la produzione vinicola risalente a quell’epoca lontana (1500 a.C.) e poi proseguita in epoca romana nelle strutture adiacenti il nuraghe. Inoltre, se siete gattari e sarete fortunati, vi verrà incontro, in cerca di coccole, un bellissimo “nuramicio” come ho voluto soprannominarlo, un gatto di sedici anni, tutto fusa e felicità. 

Ecco i siti ufficiali dei tre nuraghi dove potete trovarre tutte le informazioni necessarie per una vostra visita.

Barumini: http://www.fondazionebarumini.it/it/area-archelogica-su-nuraxi/ 

Antine: https://www.sardegnaturismo.it/it/esplora/nuraghe-santu-antine

Arrubiu: http://www.nuraghearrubiu.it/

Giulia Calvanese per Radio Bla Bla Network News