È uscito nelle sale il 4 gennaio, ed è tra i film più belli che io abbia visto negli ultimi anni.
Diretto da Marc Forster (Neverland, Quantum of Solace, Il cacciatore di aquiloni), con Helen Mirren, che di per sé è una garanzia anche se la sua parte è contenuta, con degli attori giovanissimi e bravissimi: Ariella Glaser e Orlando Schwerdt, che sanno emozionare e toccare gentilmente il cuore del pubblico.
Agire o semplicemente stare fermi?
Julien è un bulletto espulso da una precedente scuola che decide di ricominciare nel nuovo istituto facendosi scivolare le cose addosso, non vuole più immischiarsi con nessuno, preferisce starsene per conto suo e non fare nulla. I genitori sono assenti quando torna a casa, al loro posto compare la simpatica nonna francese che gli chiede cos’ha imparato dalla sua triste vicenda. Quando scopre che il nipote semplicemente preferisce farsi gli affari suoi e vivere distaccato, decide di raccontargli la sua storia, quella di una ragazzina ebrea nella Francia occupata.
Sara ha solo 15 anni quando si scontra con le leggi razziali. Sua madre cerca di proteggerla e la esorta a pensare che tutto andrà bene, suo padre non vuole nasconderle la realtà; Sara infatti è proprio in quell’età di mezzo in cui tutto è ancora possibile e spensierato ma in cui si comincia ad avere l’intelligenza e la consapevolezza per capire che il mondo non scherza.
L’inevitabile arriva presto e i nazisti setacciano il paesino di campagna dove vive, senza tralasciare la scuola. Subito si notano gli atti di estremo coraggio della professoressa che decide di seguire i suoi studenti verso l’ignoto più oscuro, del sacerdote che mente per salvare gli alunni e di un giovane partigiano che tenta, purtroppo invano, di portare in salvo i bambini. Miracolosamente Sara riesce a scappare grazie alla coraggiosa Gentilezza dell’ultimo della scuola: un ragazzo poliomielitico maltrattato dai compagni che non si preoccupano nemmeno di conoscerne il vero nome.
Trascorrendo un anno nascosta nel suo fienile, Sara comincia a scoprire quanto siano preziose le piccole cose: un uccellino bianco le porta la speranza di poter uscire, le partite a carte a lume di candela insieme al suo nuovo amico diventano il fulcro della sua vita, una vecchia automobile si rivela il modo migliore per poter evadere. Fantasia e semplicità: una dimensione che il nostro mondo sembra aver perso e che emoziona infinitamente.
Quando sono uscita dal cinema, particolarmente commossa, mi sono sentita spaesata. Per due ore ho vissuto in un mondo immerso nella notte più disumana della storia recente dal quale però brillava una luce intensa fatta di umanità, Gentilezza, tenerezza, coraggio e dolcezza; un mondo così umano ed autentico seppur ricreato su un grande schermo. “Vive l’humanité” mi veniva da urlare come fa Sara, mentre tornavo verso casa in mezzo ad una folla di gente dalla quale volavano parolacce, imprecazioni, e nella quale la maggior parte degli occhi erano puntati verso un piccolo schermo luminoso. Questa nostra civiltà, questo nostro modo di vivere dove ci sta portando? Vogliamo davvero essere come Julien che preferisce star fermo piuttosto che incappare in altri guai, oppure vogliamo alzare la testa da tutti questi schermini che ci trattengono e renderci conto che solo la Gentilezza può salvarci? Quanto può essere “salvifico” un sorriso e una parola Gentile e quanto è distruttiva invece l’indifferenza? La cosa bella della Gentilezza è che non deve per forza ammantarsi di gesti coraggiosi eclatanti, anche se poi ci sospinge dolcemente a compierli, ma può palesarsi anche con piccolissime cose, quasi invisibili, ma che in un contesto di indifferenza diventano fari nella notte in grado di riportarci a casa, al nostro vero essere, compassionevole ed empatico. Si potrebbe dire che la Gentilezza è l’unico fiore che riesce a sbocciare anche nel terreno avverso.
C’è tutta la più intensa umanità in questo film, l’essenza della vita stessa, e a quel papà che uscendo dalla sala del cinema diceva alle sue figlie ragazzine “ci siamo sbagliati, pensavamo che questo film fosse simile ad un altro invece è uno di guerra” vorrei rispondere che no, non è un film di guerra ma un film di vita nel senso più profondo del termine. Un film che forse contiene il seme per salvare questo nostro “andare avanti” ormai senza meta che ci ostiniamo a considerare vita ma che non lo è più. Esistono ancora, fortunatamente, opere d’arte che hanno la capacità di cambiare la vita.
Giulia Calvanese per Radio Bla Bla Network