Quando la maschera, invece di camuffare e mettere fumo negli occhi, svela l’essenza e la verità di una persona. Quando il nome d’arte, il #veronome, invece di essere un gioco di prestigio o una semplice etichetta, dovrebbe rappresentare le più importanti informazioni da mettere sulla carta d’identità.

“Maleuforia” non è solo questo ma parte ANCHE da questo per dipanare quello che è il romanzo di formazione di un ragazzo adolescente alla ricerca della propria identità sessuale, in quelli che sono i bassifondi partenopei. L’omaggio a Giuseppe Patroni Griffi (“Scende giù per Toledo” in letteratura; “Persone naturali e strafottenti” a teatro) è chiaro e lampante. Come è chiaro e lampante che qui non si mettono in mostra cartoline di Napoli, ma illustrazioni prese dal di dentro della città. Sarebbe un po’ come parlare di inquadrature sulla polvere che viene nascosta sotto i tappeti un po’ sgualciti. Solo che la polvere è colorata e i tappeti sono di raffinata fattura.

Ma c’è un aspetto che affiora dalla lettura della trama…

Di solito, una parte delle precedenti narrazioni orientate in questo senso mettevano in evidenza un certo squallore così come un certo disagio. Il microuniverso parallelo di #femminielli e non solo, esplorato e vissuto da Raffaele, anzi, da Lemon, offre qualcosa di molto diverso. Qualcosa che magari contiene elementi di tristezza, di povertà. Insieme a questi fattori, però, traspaiono anche dignità, orgoglio e soprattutto una voglia di vivere che lascia una scia di allegria e spensieratezza, anche se è pur vero che, a mio parere, nella seconda parte il testo è caratterizzato da un più forte sentore di malinconia. Forse, in questo mio tentativo di spiegazione può essere ricondotto il significato del titolo…

Pur essendo “Maleuforia” un esordio, D’Addetta è già nota per avere scritto un corposo numero di racconti e soprattutto è noto il suo appartenere al collettivo #spaghetti_writers. L’impianto della trama presenta qualche richiamo alla narrazione breve. L’aspetto interessante è che questo dettaglio non è una criticità ma una risorsa. L’influenza del racconto è riscontrabile nei capitoli che non risultano particolarmente lunghi. Sono come piccole monografie, piccoli monologhi recitati dai singoli personaggi che ricoprono a turno il ruolo di voce narrante. Per questo motivo, è curioso vedere come uno specifico episodio possa essere visto da più prospettive. Una struttura di questo genere potrebbe vagamente far pensare ad un linguaggio cinematografico quando, per passare da una scena ad un’altra, si usa la tecnica delle dissolvenze incrociate.

Questo #mondo_a_parte, fatto non solo di persone che vivono ai margini ma anche di #femminielli, di #travestiti e di gente che per comodità è stata inserita nel calderone del #diverso, a mio parere fa capire come Napoli fosse #avanti da tempo sulla questione #gender…

“Maleuforia” è la #summa di tanti fattori appartenenti ad una tradizione napoletana #equidistante e a questi si unisce un affascinante sentore, molto impalpabile e tuttavia molto presente, di realismo magico mutuato dalla letteratura ispano-americana ma che qui viene adattato al contesto con originalità.

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS