Una trama che non si ferma al messaggio offerto dalla storia, capitolo dopo capitolo.

Se il primo livello è narrativo, quello sottostante potrebbe essere definito di tipo saggistico. Se #come_romanzo, “Lingua madre” presenta un personaggio ossessionato dalla lingua e dalle insidie legate a contaminazioni di vario genere, #come_saggio sembra elaborare una riflessione sul modo in cui le parole vengano usate male dalle persone, vuoi per disattenzione vuoi per errata interpretazione alla base, aspetto già visto ne “Le parole sono importanti” di Marco Balzano. Fingerle non vuole certo creare un testo fotocopia rispetto a quello dello scrittore milanese.

Come afferma nella quarta di copertina, attraverso il personaggio principale, le parole nascono ‘pulite’. Successivamente intervengono associazioni di idee molto personali che portano a corromperne il significato prima e in un secondo momento l’uso stesso. Collegato a questo risvolto, c’è poi un discorso legato al lavoro di traduzione quando, ad esempio, in un idioma esiste un vocabolo così perfetto nelle sue sfumature ma che risulta inesprimibile in qualsiasi altra parlata.

E, sempre in merito al protagonista, un altro aspetto che mi colpisce sempre è quando chi scrive mette come voce narrante una persona di sesso diverso dal proprio. In qualità di centro della vicenda, Paolo Prescher viene rappresentato nel pieno delle sue fisime legate al vocabolario, non solo italiano.

Per crearsi un’ulteriore difficoltà, la scrittrice ha deciso di ambientare la sua vicenda in quel di Bolzano, ovvero il luogo simbolo del bilinguismo in Italia. Il dettaglio serve anche a sottolineare come in quelle zone italiano e tedesco riescano a convivere, anche se spesso con parecchie difficoltà, legate spesso all’ambito sociale.

Con “Lingua madre”, non credo che Fingerle abbia voluto insegnare appositamente qualcosa. Se lo ha fatto, non si è messa di certo su un piedistallo a pontificare. Senza creare fissazioni di sorta, ha invece voluto sensibilizzare chi legge ad un uso più attento ed accurato dei termini, soprattutto nella quotidianità, circostanza in cui è più facile che nascano quei legami ‘nefasti’ tra parole, legami che in un secondo momento potrebbero far nascere fraintendimenti ed equivoci relativamente al loro stesso messaggio/significato.

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS