Troppo lievito non vuol dire per forza qualcosa di negativo.

Ti ritrovi questo impasto, dove gli ingredienti sono stati tutti messi nelle giuste proporzioni, ma non lo stesso si può dire per questa magica polvere.

Già, magica, perché l’impasto che stai maneggiando cresce molto di più del normale come se prendesse davvero una vita propria ed indipendente, così irrazionale che pare pronto a fagocitare tutto quello che si trova di fronte. Nasce quindi il panico per avere creato una situazione imprevista ed incontrollabile quando invece basterebbe prendere tutta la situazione da un’altra prospettiva…

Il composto che è venuto a crearsi ha preso anima, un’anima così concreta da essere creatura nelle tue mani. Quindi non ha nulla di nemico nei tuoi confronti, anzi, sembra quasi volersi divertire con te, assecondandoti, giocando e assumendo tutte le forme che vuoi tu. Ha solo bisogno di te e, anche se può sembrare assurdo, delle tue coccole.

A mio modesto parere, “Ferrovie del Messico” può compararsi a questo processo di creazione, dove l’eccesso di lievito non risulta un incidente ma un preciso stratagemma deciso a monte. Da qualunque parte lo prendi, questo libro appare a dir poco proteiforme. Di capitolo in capitolo l’Io narrante cambia con rapidità facendo vedere la vicenda sotto le più varie angolazioni. La storia che viene raccontata non è da meno perché presenta un ventaglio ricchissimo di sfaccettature. Aspetti storici si mescolano a momenti lirici, oppure a situazioni che stanno tra l’ironico ed il paradossale. Non manca nemmeno la componente amorosa, ma questa carta viene giocata senza stereotipi o senza eccessi di dolcezza. Un ingrediente che sicuramente non va trascurato è l’elemento cronologico. La linearità sembra bandita dall’impianto del romanzo perché i fatti si susseguono senza rispettare una precisa logica. Invece di disturbare, quest’ultimo dettaglio rende “Ferrovie” ancora più ricco di mistero, ancora più intrigante. La lettura del volume implica un impegno non indifferente. L’importante è porsi in un ‘mood’ amichevole/empatico e non aggressivo per affrontare la prova con successo. Qualcuno ha detto di aver visto in “Ferrovie” qualcosa di Gadda, di Bolano, di Borges… Io direi che c’è Griffi, e basta. Magari, Griffi è la somma dei tre autori citati, chi può dirlo?

Rimane comunque un testo dove la scrittura esce dalla pagina: è una scrittura che costruisce e che ‘porta via’ chi legge mostrandogli contemporaneamente più mondi paralleli.

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS