Giovedì 20 febbraio, si è svolta la conferenza stampa della nuova produzione l’Assaggiatrice di Hitler, tratto dal celebre romanzo Le assaggiatrici di Rosella Postorino e in scena al Teatro Carcano di Milano dal 20 al 23 febbraio 2025. L’evento ha visto la presenza della stessa autrice e dei registi, Sandro Mabellini e Gianfranco Pedullà, offrendo un’opportunità unica di approfondire la genesi dell’opera e le sue implicazioni tematiche. 

Il romanzo, ispirato a un trafiletto di giornale che raccontava la storia di una donna tedesca Margot Wölk costretta a testare il cibo destinato a Hitler per verificarne l’eventuale avvelenamento, ha dato vita a una riflessione potente sulla colpa e sulla condizione umana. La protagonista, Rosa Sauer, incarna la contraddizione tra vittima e complice, tra costrizione e responsabilità morale. Postorino, affascinata dalla complessità di questa figura, ha reso la sua riflessione il fulcro di un’analisi profonda sulla natura delle scelte e sulla loro inevitabilità in contesti di oppressione.

L’adattamento teatrale porta in scena le tematiche chiave del romanzo, tra cui il rapporto con il cibo, elemento centrale sia a livello narrativo che simbolico. Il cibo, che rappresenta al contempo nutrimento e minaccia, diventa un linguaggio, uno strumento di dominio e un’espressione di sottomissione. Per Rosa, mangiare il cibo destinato a Hitler significa non solo sopravvivere, ma anche portare dentro di sé la colpa della Germania, una colpa che si insinua nel sangue e da cui non può fuggire. Un altro tema forte dello spettacolo è l’individualità negata e poi riconquistata. Rosa, in una relazione controversa con l’ufficiale delle SS Albert Ziegler, cerca di affermare la propria esistenza al di là del ruolo imposto dal regime. Il corpo, al centro della narrazione, non è solo strumento di oppressione, ma anche veicolo di ribellione e riscoperta di sé. Attraverso il desiderio, Rosa e Ziegler cessano di essere semplici ingranaggi della macchina nazista e diventano individui, con una propria volontà e fragilità.

La rappresentazione teatrale si distingue per l’uso magistrale del corpo e dell’anima delle attrici, che danno vita a una moltitudine di personaggi con straordinaria intensità. La scelta di avere solo due attrici in scena, Silvia Gallerano e Alessia Giangiuliani, rafforza la dimensione intima e universale della storia, amplificando il senso di isolamento e prigionia vissuto dalla protagonista. Lo spettacolo non si limita a raccontare una storia ambientata nella Seconda guerra mondiale, ma diventa una riflessione senza tempo sulla colpa, sulla sopravvivenza e sulla ricerca di un’identità in un mondo che tenta di annientarla. 

La trasposizione teatrale riesce a restituire la forza emotiva del romanzo, trasportando il pubblico in un viaggio profondo nella coscienza umana. Grazie a una regia accurata e interpretazioni di grande impatto, lo spettacolo scuote e invita alla riflessione, lasciando un segno profondo. 

Roberta Ferrara – BLABLANETWORK NEWS