Ecco, si parla spesso di Milano come sorta di capitale internazionale, come centro nevralgico di tante attività che sviluppano il cosiddetto #made_in_italy. Si parla di Milano come metropoli cosmopolita, e l’immaginario collettivo pensa subito alla mondanità collegata a tutti gli eventi e le varie settimane mondiali di questo e di quello. Lo sappiamo tutti che è una realtà ma non è #LA realtà.
Con il suo romanzo, Pegorini svela invece la #dark_side di Milano, lontano da lustrini e cocktail, per evidenziare invece la dimensione multietnica molto più verosimile. Il capoluogo lombardo accoglie e si dimostra disponibile verso l’esterno, ma non si tratta di certo di un #party. In più, capita che quanti fruiscano di questa ospitalità non vadano d’accordo tra di loro per motivi remoti o per questioni di territorio.
Su questo sfondo, si muove la trama dello “Hijab”. Ci sono quelle situazioni tipiche di un #sommerso che sopravvive tra un bisogno di legalità e i frutti di numerose attività illecite.
Ci sono però anche quei valori che vanno al di sopra di tutte le rivalità e le grettezze che l’animo umano è in grado di creare. Si tratta di qualcosa di #trasversale, di qualcosa che va a sublimare distanze, confini e differenze.
Oltre ai personaggi, quindi, c’è anche da annoverare appunto Milano che si offre come palcoscenico attivo nello svolgersi delle varie vicende tanto che per certi aspetti (ma sono io il primo a non essere d’accordo con questa immagine) potrebbe sembrare un burattinaio, uno stratega per quanto concerne le interazioni tra le varie figure della storia.
E poi c’è il ritorno di Valerio Giusti e della sua squadra. Inutile dire che è il classico gruppo su cui nessuno scommetterebbe nulla. E’ l’alchimia che si crea tra queste persone a condurre Giusti e i suoi sulla strada giusta. E a proposito di alchimie, Giusti (e quindi, di riflesso, Pegorini) appare come un perfetto conoscitore delle dinamiche umane come pure delle sfumature psicologiche delle persone. E quest’ultima componente risulta un addensante notevole in un impianto narrativo che già di suo era di livello alto.
Ah, se qualcuno in queste righe avesse ravvisato qualche luogo comune, qualche stereotipo vada tranquillo, perché il libro ne è assolutamente privo.
Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS