Cina contemporanea. Il degrado in cui riversa una grande fetta di popolazione che vive di ciò che il Suzhou River offre. Una leggenda amorosa che si tramanda con un filo di voce. Come un sussurro che dalla parola assume le sembianze di una sirena dai capelli biondi che nuota imperterrita nelle acque profonde. La donna del fiume che riesuma un amore (ri)trovato, celebrato dalla Morte che zittisce una storia d’amore piena di speranza.
Romanticismo, tormento, tragedia. Tre elementi che costruiscono la crisi degenerativa. Moudan – Meimei (Zhou Xun), Mardar(Jia Hongsheng) e l’operatore video (Hua Zhongkai). Tre attori protagonisti che animano la fervida eclissi di una passione che divide il legame amoroso in due tempi distinti.
La donna del fiume – Suzhou River del regista cinese Lou Ye è un film del 2000 che spacca l’età contemporanea. Ambientato a Shanghai e inizialmente censurato in Cina ‒ probabilmente per la relazione appassionata, seppur non consumata, tra una ragazzina sedicenne e un uomo adulto molto più grande di lei ‒ si è accaparrato numerosi premi internazionali in diversi Festivalcinematografici. Eppure, La donna del fiume è una storia che non vuole solo proiettare sul grande schermo l’amore tra il fattorino-motociclista Mardar, di bell’aspetto, e Moudan, troppo giovane per lui e figlia di un boss del contrabbando. Ma osa, va oltre la semplice dimensione onirica del first love. E pretende di dipingerel’amore su uno scenario degradante. Con un occhio di riguardo all’esperienza urbana della Cina al giorno d’oggi su cui si staglia la storia di due amanti agli antipodi che, contro ogni convenzione sociale, stanno bene insieme, si divertono, si innamorano, si “rapiscono” i cuori l’uno dall’altra, si allontanano e si ritrovano. E la sirena, da natìa leggenda che passa da una bocca all’altra nella prima parte della pellicola, si trasforma nell’ombra che risucchia la linfa vitale dei due innamorati nella seconda parte. Come un veleno che uccide lentamente e annega la felicità rinvenuta nelleacque del Suzhou River.
Sconvolgente e disturbante allo stesso tempo. Un finale sconcertante e tragicamente pieno d’amore che riecheggia La donna che visse due volte, capolavoro indiscusso del 1958 di Alfred Hitchcock, intriso di frame drammatici a mo’ di favola nera shakespeariana di Romeo e Giulietta, con immagini in movimentoin versione rivisitata e orientalizzata.
E meravigliosamente magnetico e distintivo sul piano stilistico.Tanto che le riprese in soggettiva girate con la camera a mano, quasi a livello amatoriale, trascinano una visione impressionante e amaramente inquietante.
La donna del fiume – Suzhou River è una perla cinematografica della Golden Age del cinema internazionale. E dopo ventidue anni, ritorna sul grande schermo la bellissima versione restaurata in 4K di un grande e attuale capolavoro degno di nota. Che si metta da parte la censura e lo scandalo: questo è un film che riempie gli occhi di amore incondizionato per il cinema, con ottime interpretazioni, primi e primissimi piani e una presa di coscienza finale che tiene con il fiato sospeso. Fondamenti essenziali che rimangono scolpiti nel cuore degli spettatori, voraci di Settima Arte per eccellenza.
VOTO: 8.5
Martina Corvaia – RADIO BLABLA NETWORK NEWS –