Continuano gli articoli sulla mia esperienza fiorentina…
Oggi parliamo un po’ dell’ultimamente chiacchieratissimo David di Michelangelo!
Cominciamo col dire che ho avuto due esperienze legate a questo capolavoro durante il mio soggiorno. La prima è stata la presentazione del documentario “Le sculture di David a Firenze tra Storia e Simbolo”, realizzato in tempo di Covid sull’idea della Galleria dell’Accademia e del Museo del Bargello; e la seconda il mio faccia a faccia col vero David di Michelangelo (non quello esposto in Piazza della Signoria, che, per chi non lo sapesse, ne è una copia).
Il documentario, che spero venga distribuito al grande pubblico oltre che nelle scuole, è un bellissimo progetto, realizzato in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti, coinvolgendo l’Opera di Santa Maria del Fiore e l’assessorato alla Cultura del Comune di Firenze; ed ha un grande valore didattico per tutti, studenti e non. Sapevate, ad esempio, che di sculture rappresentanti il David ce ne sono varie a Firenze? Forse qualcuno ha sentito parlare anche del David di Donatello, ma Donatello ne ha scolpiti ben due! Anche Verrocchio si è confrontato con questo piccolo grande eroe biblico e prima di tutti loro ci aveva pensato anche Nicola Pisano. Se contiamo le sculture a tutto tondo (ossia quelle che sono lavorate anche sul retro) ce ne sono ben cinque, se si aggiungono i bassorilievi e altri tipi di scultura, il numero si amplia ulteriormente. Come mai Firenze aveva questa passione per un giovane vissuto millenni prima in Israele, che diventò re e poeta dell’Antico Testamento? Cos’era David per il capoluogo della Toscana? Il documentario svela questo mistero da un punto di vista simbolico e riesce a narrare la storia dei cinque David a tutto tondo di Firenze in circa mezz’ora. Non vi svelo altro, nella speranza che presto possiate vederlo anche voi che mi leggete. Per quanto mi riguarda, l’unico neo è stato uno degli invitati alla presentazione. Non ne farò il nome, perché si dice il peccato, non il peccatore, ma malgrado la sua alta carica, è riuscito a tenere un discorso al limite del disgustoso su un prodotto di ottima qualità che probabilmente la sua mente “illuminata” (o da ovino) non è riuscita a capire. Del suo parlare si possono salvare solo due minuti su dieci, due minuti in cui si è attenuto a parlare del David di Michelangelo e di quanto sia stato innovativo al momento della sua realizzazione. Lasciando perdere chi di zoccoli e di corna vuole ferire, sarebbe bello se questo documentario non rimanesse un unicum, ma che fosse il primo di una serie dedicata a personaggi e tematiche scolpiti da vari artisti nel trascorrere dei secoli.
Il giorno seguente, avevo la prenotazione online per visitare la Galleria dell’Accademia, dove meravigliosamente “vive” il David marmoreo di Michelangelo Buonarroti. Avere le prenotazioni online ai musei di Firenze non sempre si traduce in “evito la coda”, ma di questo vi racconterò in un altro articolo.
Il David “vive”… perché sembra vivo. Ho giocato con lui, prima facendo finta di non vederlo mentre avanzavo nel corridoio ricco di altre opere che conduce al suo cospetto, e poi a nascondino, tra le colonne dell’ampio spazio a lui dedicato. Quando si entra nel museo, si sa già che Lui è lì ad attendere i nostri omaggi, eppure io volevo dare degna attenzione a tutte le opere esposte e quindi mi sono dilungata, ho fatto finta che non ci fosse e mi sono emozionata di fronte alle Prigioni, sempre di Michelangelo. Il suo non-finito porta in sé l’Assoluto Infinito.
Prima di arrivare al Signore del Palazzo, ho visto anche una mostra fotografica sui Bronzi di Riace, un percorso visivo realizzato dal fotografo Luigi Spina e curato da Carmelo Malacrino, la cui bellezza ha fatto rinascere in me la voglia e la necessità di vederli dal vero.
Infine, non potendolo più ignorare per finta, sono arrivata ai suoi piedi, in mezzo ad una giungla di mani alzate per scattare la fotografia migliore. David è sicuramente un vip, soprattutto dopo le vicende americane sulla sua presunta appartenenza al mondo del porno, ma ad uno sguardo più attento, se ne capisce l’immensa umiltà di giovane che deve affrontare una sfida più grande di lui. Più ancora, si percepisce la grandezza dell’umiltà di Michelangelo nel porsi davanti ad un blocco enorme di marmo, già intaccato da un precedente scultore, senza alcuno sdegno, ma con la caparbietà di chi sa che deve realizzare qualcosa. Perché la grandezza di un artista va oltre alla sua bravura tecnica, alla sua genialità, invenzione, capacità di rottura dai precedenti… la grandezza di un artista sta nella sua umiltà nel porsi davanti ad un materiale o a dei materiali da trasformare, senza avere la minima idea di come sarà l’opera finita nella realtà, ma avendone già l’immagine in testa, nel cuore, nelle proprie viscere, e sapere allo stesso tempo che mai e poi mai riuscirà a riprodurre esattamente quell’immagine che sente in sé stesso. Essere artisti è essere umili, come lo era Michelangelo, che ce lo ha magnificamente descritto con le sue opere “non-finite”, che sarebbe più giusto chiamare “in-finite”, come lo era David, piccolo di fronte ad un gigante che non sapeva come affrontare se non con l’aiuto di Dio.
Che confronto epico quello tra superbi ovini che si nutrono dell’arte altrui e umili artisti che l’arte la fanno. Mi chiedo chi vincerà di questi tempi: il calpestio degli zoccoli o il silenzio della creazione artistica?
Giulia Calvanese per Radio Bla Bla Network News