Sensibilizzare il pubblico riguardo a dinamiche relative al mondo femminile, soprattutto quelle adolescenziali che possono lasciare tracce indelebili nella formazione di una donna, non è affatto semplice.
Per entrare meglio nell’atmosfera delle nove storie presentate dal volume, è importante secondo me osservare l’immagine della copertina. Se dovessi dare un titolo a quello che si vede direi #sorellanza, anche se poi ci potrebbero essere altri dettagli che potrebbero circoscrivere meglio il significato di questo disegno.
La parola #disegno è un altro elemento da tenere in considerazione.
“Fai rumore” non è una raccolta di racconti dove le parole aiutano a inquadrare le situazioni narrate. “Fai rumore” è invece una raccolta di graphic novel caratterizzata da un linguaggio fumettistico diverso dal solito, ed anche più immediato nella comunicazione.
Il lessico delle vignette che contraddistingue alcune delle storie, permette in modo più rapido di esprimere situazioni interiori che una sequenza di vocaboli renderebbe solo parzialmente.
C’è anche l’aspetto del colore che non mi sembra da sottovalutare.
Di solito si pensa al dettaglio cromatico come ad un semplice abbellimento. Nel caso di “Fai rumore”, il colore non è un semplice accessorio ma un contributo necessario al ‘mood’ di ciascuna vicenda.
Oltre a dare una maggiore spontaneità, la scelta di elaborare una serie di graphic novel porta chi legge ad essere maggiormente coinvolto e ad avere maggiore empatia con quanto è stato scelto di raccontare.
Le firme che si sono avvicendate a completare le tavole del libro, hanno affrontato principalmente argomenti legati a stereotipi sulla fisicità, sui rapporti familiari così come quelli interpersonali e quelli sentimentali a tutto tondo. Il mondo delle ragazze, delle donne è un po’ al centro dei vari nuclei narrativi, non di tutti. Non si colpevolizza direttamente il ‘maschio’, ma la società (dominata tuttavia da una mentalità patriarcale) che nel tempo ha costruito un certo numero di retaggi.
A partire dal titolo,“Fai rumore” invita tutti a non stare in silenzio nel momento in cui si è vittime non solo di prevaricazione fisica, ma soprattutto di quella verbale che a volte fa pure peggio.
E che nessuno venga a dire che continuare a rendere consapevole l’opinione pubblica su certe situazioni è un’iniziativa inutile.
Perché i progetti di questo genere non sono mai abbastanza.
Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS