Emma (Bovary) sono io, disse Flaubert, aprendo nuove frontiere alla letteratura.

Emma (Bonsanti) parla con me, dice Pagano. E mentre parla con lui, personaggio e scrittore sembrano essere un tutt’uno, perché lei sembra quasi un’interlocutrice vera, in carne ed ossa. Si confida con Pagano per raccontargli tutti i dettagli relativi all’indagine che sta seguendo.

Ma non solo.

A differenza di altri commissari, Emma offre al suo tramite un’immagine di sé in tutti gli aspetti (anche quelli più pesanti) che riguardano l’esercizio della sua professione. Lo ha messo al corrente del modo in cui è riuscita a dipanare una matassa in apparenza difficile da risolvere, così come sul piano privato lo ha edotto in merito a tutti gli alti e bassi (a volte molto bassi) del suo umore.

Il contorno di tutto questo è una coralità che ricorda il sapore di antichi romanzi. Non conosco (grave errore, il mio) la città di Bari, ma leggendo le pagine del volume si ha la sensazione di averla in mano, di averla conosciuta da sempre, se non addirittura di averci vissuto.

L’atmosfera è resa ancora più verosimile da dettagli linguistici come la presenza di qualche intercalare, di qualche dialettismo italianizzato, di qualche espressione tipica del posto. Non è uno sfoggio, né un esercizio di stile. Ne viene fuori uno spaccato di vita quotidiana dove è pure possibile osservare un altro dettaglio assolutamente non trascurabile.

Al di là di quelli che sono i ruoli all’interno della società, la lingua sembra essere quel fattore che mette tutti allo stesso livello senza guardare in faccia nessuno e che l’appartenere all’una o all’altra fascia è determinato da altro tipo di #accidente.

Oltre a questo vorrei anche evidenziare come nel suo insieme la trama appaia realistica anche per il modo in cui si riescono ad intersecare alcune tematiche di interesse comune che non sto a citare anche per non anticipare troppo della storia.

Alla fine del libro, rimane comunque una sensazione particolare che mi piacerebbe condividere.

Emma ha ‘parlato’ con l’autore. Gli ha confidato situazioni, aneddoti ed altro del suo lavoro. Gli ha confessato stati d’animo molto intimi come se si trattasse di un rapporto d’amicizia di lunga data (bè, in fondo lo è anche). Sembra invece che questa confidenza sia stata creata tra lei e chi legge, come se Emma fosse una vicina di casa o una persona che si incontra nel quartiere con una certa frequenza. Come se lo scrittore si fosse messo da parte, per regalare al suo pubblico un’amicizia privilegiata con Emma.

Mi piacerebbe coniare il termine #Bonsantismo, ma forse è un po’ troppo…

Enrico Redaelli – RADIOBLABLANETWORK NEWS